martedì 17 aprile 2012

Hugo Cabret



Può la magia del cinema essere racchiusa in un unico film?
Difficile, certo, ma non impossibile, dal momento che a prendere le redini in mano è un “ certo “ Martin Scorsese...

Siamo nella Parigi degli anni Trenta, stazione ferroviaria di Montparnasse e proprio qui, nascosto tra i vari macchingegni roteanti degl innumerevoli orologi parigini, si trova
 Hugo Cabret, un giovanotto rimasto solo dopo la morte del padre. Hugo non ha nessuno, quantomeno nessuno che si prenda cura di lui, eppure, qualcosa di estremamente prezioso il giovane possiede, un piccolo e affascinante "automa "...
Le vicende del giovane si intersecano con quelle di un signore dall' aspetto burbero e scostante che possiede un negozio di giocattoli proprio all' interno della stazione. Quel misterioso giocattolaio, è ( un  " certo " )
 George Méliès, si, esattamente quel Méliès lì, uno dei pionieri della settima arte, " secondo padre " ( chiamato “ Padre “  George dalla figlioccia Isabelle ) del cinema, se consideriamo le innovazioni tecniche e non solo, che egli vi introdusse.

Scorsese, ispirandosi al romanzo di
 Brian Selznick del 2007, altro non fa che un meraviglioso " inno al cinema ", tutto il film è una sobria e ammaliante rivisitazione a portata di tutti, grandi e bambini, di quella che è stata la straordinaria avventura artistica del Novecento, conclusasi con una delle più grandi invenzioni: Il Cinematografo. Nel film ogni cosa sembra essere un chiaro riferimento al potente " mostro di celluloide "; lo scorrere inesorabile del tempo, concetto questo, reso perfettamente, non solo visivamente, poiché mai sono assenti sulla scena queste grandi lancette che svettano nel cielo scuro parigino, come a voler ribadire continuamente che il tempo passa, nonostante lo spettatore stia impalato davanti allo schermo e perda ogni tipo di riferimento, spaziale e temporale. 
Non è da meno l' effetto reso musicalmente, anzi, si va dal banale ticchettìo al superbo ensemble orchestrale diretto da
 Howard Shore.

Che dire poi di una scenografia che cattura, quasi come una vecchia cartolina che riporta indietro nel tempo, e incolla gli sguardi di chi vi è di fronte...e non c’entra la terza statuetta (dopo quelle vinte per
 The Aviator  e Sweeney Todd), perché parliamo diDante Ferretti e Francesca Lo Schiavo; già dalla presentazione del film si capisce che l' impatto visivo sarà forte, avvincente...tra l' altro proprio all' inizio del film, fin dai titoli di testa, si avverte una certa assonanza con quelli già visti in Sweeney Todd, insomma davvero difficile non smascherare i due " geni " della scenografia e rimanerne del tutto entusiasti. 

Potrebbe suscitare più di un legittimo dubbio la scelta del regista per il 3D, legittimo poiché se ne contano fin troppi di casi in cui la visione “ stereoscopica “ risulti subdola se non fastidiosa durante la visione del film. Inaspettatamente però, Scorsese, non inciampa perfino in quest’ infido scalino, rendendolo assolutamente di supporto e funzionale al film stesso.

Quest' Hugo Cabret,  vincitore di ben 5 premi Oscar, ha fatto parlare di sé ancor prima di venire alla luce, possiamo dirlo, già numerosi critici erano li pronti a sollevare il polverone che avrebbe condannato immediatamente una scelta così troppo " lontana " dal cinema a cui Scorsese ci aveva abituati; eppure, andando a fondo, nel pieno centro di questo insolito Scorsese, si avverte come non mai, quale sia lo "
 scopo " del regista, quel che forse gli è davvero più a cuore, come dello stesso Méliès, e di tutti coloro i quali hanno dedicato la loro vita al cinema...

Nel film Hugo lancia un messaggio molto importante, in riferimento al fatto che ognuno di noi debba avere uno scopo in questa vita, un ruolo specifico in questo mondo, per il giovane Hugo sarà fondamentale trovare la "
 chiave ", e questa, scopriremo poi essere strettamente connessa al cinema, ( il disegno dell' automa sarà infatti Viaggio nella luna, film di Méliès ) per il cineasta altro non conta se non invitare il mondo intero nel luogo in cui i loro sogni prendon vita, " la macchina dei sogni ", la chiama lui...
Vedere Hugo Cabret è un po’ come prender parte ad una di quelle lezioni di cinema che mai avremmo immaginato di vivere, un memorabile viaggio attraverso la storia, il tempo in quella stupefacente macchina dei sogni che altro non è, se non il cinema stesso.
...insomma, non manca davvero nulla per poter dire che questo " Scorsese/non Scorsese "...ci piace...!!


"
 Mi piace pensare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più, hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo, e anche tu ". ( Hugo Cabret )

Di Valentina Orsini

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