lunedì 7 aprile 2014

Il percorso dell'amore - Così, conobbi Alice Munro




E così conobbi Alice Munro...
"Era ora" - direte voi. Lo direi anch'io.
Quando la libraia mi consigliò il libro (sì, io credo ancora nel delicato e prezioso ruolo del libraio), capii subito che sarebbe stata, in ogni caso, non una "cosa da niente". Nella peggiore delle ipotesi, avrei letto finalmente qualcosa della Munro. Una donna da Nobel, una delle più importanti autrici contemporanee.

Quando si scopre uno scrittore, si va senza troppe pretese e senza nemmeno alcuna paura. Almeno, a me capita così. Non aprirei mai un libro di un autore che non conosco, con la stessa eccitazione e paura, al tempo stesso, che guida quel momento in cui inizio l'ennesimo libro dello scrittore già bello che noto.

Certo qui c'era tanta curiosità. L'idea di aprire per la prima volta un libro scritto da una donna, appena vincitrice di un Nobel, mi apriva una strada di quelle che non sai dove va a finire, eppure tu la imbocchi quasi certa. Convinta che ovunque ti porti, andrà bene. E poi la Munro è una donna, una mamma, una moglie. Magari su alcuni aspetti della vita ci intendiamo. Sapevo che il suo stile prevedeva soprattutto, una certa capacità nel romanzare i racconti brevi. Dunque, Il percorso dell'amore si presentava ai miei occhi esattamente così, come il frutto di una dote da scoprire, necessaria.

Con questa raccolta la Munro vinse nel 1986 il Governor General's Award, il premio letterario più importante in Canada. E fu la terza volta. Sono undici racconti, diversi nell'aspetto, ma provenienti tutti dallo stesso fremito. Non capita nulla che ci si aspetti, leggendo questi racconti. E si diventa consapevoli di questo, già dal primo racconto che introduce, senza logica o legami apparenti, le storie a venire. Il percorso dell'amore non rientra nei canoni del romanzo rosa, è molto di più. Perché la fluidità narrativa dei racconti, si scontra senza far rumore, con la completa polverizzazione della linearità temporale. Non vi è rispetto o ordine, nel raccontare i fatti. Si procede a scaglioni senza subire quel salto che potrebbe distogliere l'attenzione, turbare il lettore. Forse già si potrebbe dire che, Alice Munro, compie il miracolo che sta nel rendere eccezionale, la normalità. Lo fa partendo dalle storie più intime e quotidiane, quelle che dimorano in casa, in cucina, sul pavimento, in giardino e non importa dove ti trovi. Le passioni che animano le donne della Munro sono passioni primordiali, condivisibili fin dentro il più naturale, misero respiro. 

"Personalmente ero terrorizzata all'idea di potermi trasformare in un certo tipo di madre: una di quelle il cui corpo a poco a poco si insacca, che si muovono in una nebbia odorosa di lana e di latte, schiacciata dal peso solenne della banalità. Ero convinta che le attenzioni di quel tipo di madri, il loro bisogno di accollarsi fatiche, fosse alla base di coliche, enuresi, asma. Preferivo uno stile diverso: lo scoraggiamento scherzoso, l'esagerata ironia delle madri per professione che danno consigli sulle riviste. In quegli articoli i figli risultavano sempre dotati di splendida autonomia, determinazione, ferocia e indomabilità. E così erano pure le madri, grazie all'intelligenza: indomabili. Nella vita vera le madri che mi entusiasmavano erano del tipo che ti chiama al telefono e dice:<<Per caso il mio piccolo Hitler è lì da voi?>>. E sghignazzavano elevandosi al di sopra della nebbia lattiginosa". 

Dal racconto Miles City, Montana

Mentre abbandonavo la pagina vecchia per quella nuova, mi sembrava di afferrare a poco a poco un altro pezzetto di carne e di anima di quella scrittrice che arriva dal Canada e, proprio lì, lascia che il tempo e le vite dei suoi personaggi si dilatino. Grazie a queste storie, una umile lettrice (e sì, credo che parlare al femminile in questo caso sia sensato) riesce a ritrovare il bisogno della lettura e a ritrovare se stessa. Attraverso i ricordi di una donna che vede una madre tentare il suicidio. Oppure nei momenti non troppo intimi ma infinitamente piccoli e complessi, come quelli che vedono una ex coppia a discutere di una foto su cui ci sarebbe davvero poco da dire; eppure quell'intesa che non pretende nulla se non la presenza di due corpi che un tempo si incontravano, oggi non più, ma si trovano ancora, nonostante tutto, è a dir poco sconvolgente. Nonostante gli anni che passano e disfano un corpo femminile, così come il cervello di un uomo che ancora è convinto di poter giocare con il testosterone come farebbe un adolescente. La Munro ci dice che, nonostante questo, c'è sempre il tempo e la necessità di rievocare un ricordo. Che ci piaccia o meno. Grazie alle nostre storie, siamo ciò che siamo, oggi. L'amore che si poggia frastagliato un po' ovunque e non segue certo un filo logico. Ci sfugge come le occasioni che abbiamo perso, i sogni che non abbiamo compreso fino in fondo e le paure che avremmo dovuto sconfiggere. Oppure le paure che avrebbero dovuto annientarci, e così non è stato. L'amore che percorre la nostra vita di tutti i giorni e non è mai uguale a ciò che era ieri. 

Piacere di averti conosciuta cara Alice. E grazie!
In fondo, una donna da Nobel e una normalissima donna, hanno sempre qualcosa da dirsi e, condividere. 

I racconti che ho amato di più, La luna nella pista di pattinaggio, Jesse e Meribeth e Una vena di follia.




2 commenti:

  1. sarà il caso che ne faccia anch'io la conoscenza... Away from her, che era tratto da un suo racconto, mi era piaciuto molto

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  2. Non ho visto il film, ma Nemico, amico, amante...sarà il suo prossimo libro che leggerò. ;-)

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